Trionfo di Macron? Mah… Breve tour nel sistema elettorale francese

A un mese dalle elezioni presidenziali che hanno permesso a l’ex ministro delle finanze di accedere alla più alta carica politica francese il primo turno delle parlamentari sembrerebbe, a una prima lettura, dimostrare un trionfo senza precedenti del neopresidente. Lontano lontano dietro al partito del Presidente la destra, il Front National e la France Insoumise. In fondo in fondo il PS che continua nei suoi record storici… al negativo. Uno sguardo a questa carta, che mostra le diverse circoscrizioni colorate in base alla maggioranza relativa al primo turno sembra fugare ogni dubbio… Ovviamente il viola indica i candidati della République en Marche e dell’alleato Modem.

 

Ma siamo proprio sicuri che lo scenario di un Macron Re Sole che governa con una maggioranza assoluta quasi mai vista prima sia il risultato di un grande slancio di fiducia dell’elettorato per Emmanuel Macron? Non proprio…

 

Un trionfo apparente

Ovviamente per i risultati definitivi conviene aspettare domenica 18 giugno, quando si terranno i ballottaggi, ma – stando ai sondaggi – il governo di Macron disporrà di una larga maggioranza all’assemblea, premessa di una grande governablità: con i propri candidati in testa in 449 circoscrizioni su 557 al primo turno il binomio République En Marche e Modem vola diretto verso una maggioranza stimata tra 415 e 455 seggi all’Assemblea, un unicum in tutta la storia della Quinta Repubblica eccezion fatta per il Parlamento uscito dalle elezioni del 1993, che vide la destra aggiudicarsi 472 seggi. Non c’è bisogno di grandi doti matematiche (che infatti io non possiedo) per rendersi conto che nella migliore delle opzioni (455 seggi) il primo ministro Philippe e il suo governo potrebbero contare su una maggioranza del 78% dei seggi. Il che non è poco.

 

Il sistema elettorale francese

Facciamo adesso un passo indietro, per parlare di Come si vota in Francia. No, non parliamo del fatto che pomposamente il presidente di seggio ripeta ad alta voce “a voté” dopo che l’elettore ha depositato il suo bulletin ben chiuso in una busta nell’urna trasparente. Parliamo proprio del sistema elettorale in vigore per le elezioni parlamentari.

In Francia per l’elezione dell’Assemblée Nationale vige un sistema elettorale maggioritario a doppio turno su base uninominale. Il che significa che per eleggere 577 deputati il Paese viene diviso in 577 circoscrizioni che eleggono un solo deputato.

Per essere eletti al primo turno (e quindi sfangare il ballottaggio) un candidato deve raccogliere la maggioranza assoluta (50%+1 dei voti), ma non solo: deve anche rappresentare il 25% degli iscritti sulla lista elettorare (occhio a questo concetto che è importante, poi ci torniamo). Il che significa che se – per esempio – Tizio ha raccolto il 55% dei voti al primo turno (wow!) ma l’affluenza alle urne è stata molto bassa, diciamo il 40%, bah, Tizio va al ballottaggio. Quest’anno soltanto quattro parlamentari sono stati eletti al primo turno.

Ecco perché domenica prossima ci aspetta un’altra luuunga giornata elettorale: i ballottaggi!!!

Se più candidati, durante il primo turno, hanno raccolto un numero di voti rappresentate il 12,5% degli iscritti, si affrontano al secondo turno: si possono quindi avere dei ballottaggi triangolari o quadrangolari (in teoria, con un tasso di partecipazione molto alto anche di più, ma entriamo più nella teoria che altro).

Altrimenti, vanno al secondo turno i due candidati che hanno fatto i due risultati più alti. Al secondo turno, infine, passa chi raccoglie più voti. (Ma va?)

 

Un sistema da riformare?

Tirando un po’ le somme di quanto spiegato sopra, il “trionfo” di Emmanuel Macron si ridimensiona drasticamente.

Primo dato da tenere in conto: la partecipazione a queste elezioni è stata una roba che peggio di così non si poteva. Meno della metà degli iscritti sulle liste sono andati a votare domenica: astensione al 51,3%.

Secondo dato da tenere in conto: certo la carta tutta viola fa un grande effetto, ma proporzionalmente in tutto il Paese, En Marche+Modem ha totalizzato il 32% dei voti.

Detto questo, bisogna riconoscere che la République en Marche sta mille miglia avanti ai Républicains, secondo partito su base nazionale col 21% dei voti. Per non parlare del flop del Front National e della France Insoumise che stagnano molto dietro, sotto il 15%, né della catastrofe del Parti Socialiste (7,44%, 9,5% con i loro alleati) che proprio boh, non ce la possono fare (ma che comunque, miracoli del maggioritario, dovrebbero ottenere – stando ai sondaggi – tra i 20 e 30 seggi, contro la manciata prevista per l’FN – tra 1 e 5- che li ha doppiati).

Due conti e viene fuori che la République en Marche ha raccolto, al primo turno, i voti di poco più del 15% degli iscritti: sbarcare all’Assemblea col 78% dei seggi è un po’ come copiare la versione di latino sperando in un 6 meno meno e ritrovarsi con un 9 sul registo.

Un altro particolare, al quale non avevo mai pensato, è questa storia degli iscritti sulle liste elettorali. In pratica tutti i calcoli si fanno sulla base degli iscritti sulle liste elettorali, ossia 47 571 350 cittadini, su un paese di più di 67 milioni di abitanti. Ovviamente tra questi vi sono anche i minorenni e gli stranieri che non hanno diritto di voto, ma anche un certo numero di “aventi diritto” non iscritti sulle liste elettorali, che non vengono conteggiati neppure tra gli astenuti.

Non è quindi un caso che all’indomani delle elezioni si sia riacceso il dibattito nell’Esagono sulla necessità o meno di riformare il sistema elettorale, passando ad un sistema proporzionale o introducendo una “dose di proporzionale” nell’attuale forma elettorale (o almeno, così dicono). Chi vivrà vedrà, per adesso sono i ”marcisti” che gongolano, contenti del loro 9 sul registro.

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