Il Musée de l’histoire de l’immigration ha aperto i battenti nel 2007, anche se in realtà la sua storia inizia molto prima…
1931, Parigi. La capitale si prepara a ospitare l’Exposition Coloniale, simbolo di una Francia all’apogeo della sua potenza coloniale: immenso spettacolo popolare, l’esposizione si estende su più di 1200 metri di larghezza, ed è percorsa da 10 km di sentieri.
Nei pressi del Bois de Vincennes sorgono padiglioni dedicati ai territori colonizzati dall’impero francese: pagode, templi, giardini zoologici, architettura moresca, tutto è pensato per dare al visitatore l’idea di fare “il giro del mondo in un giorno”, come recita il motto dell’Exposition. Nell’ambito di questa immensa fiera viene concepito e costruito il Palais de la Porte dorée. Inizialmente pensato come Museo delle Colonie, contiene testimonianze artistiche e di vita quotidiana dai territori della “Francia d’oltremare”. Una volta terminata l’Exposition Coloniale, il Palais de la Porte dorée continua ad accogliere numerosi visitatori anche grazie all’acquario che contiene (almeno per l’epoca) la più grande varietà di specie marine esotiche.
Visitare il Palais de la Porte dorée è, allo stesso tempo, visitare uno splendido esempio di Art déco, fare un viaggio nella storia di Francia attraverso i cambiamenti subiti dal museo (al primo piano un percorso sui mezzanini della sala delle conferenze ricostruisce la storia dell’istituzione attraverso documenti e immagini d’epoca) e immergersi nell’atmosfera suggestiva del Museo dell’immigrazione. Non aspettatevi una semplice raccolta di testimonianze dell’immigrazione in Francia: il museo, infatti, ospita molte opere d’arte e installazioni sul tema dell’emigrazione, dell’accoglienza (o dell’ostilità), dell’integrazione (o meno) nel paese d’arrivo.
La Francia, da sempre Paese d’immigrazione (a differenza di molti Stati vicini che, come l’Italia, hanno conosciuto periodi di grandi emigrazioni), è oggi il risultato di un sovrapporsi di diverse ondate di arrivi. Belgi, spagnoli, italiani (la comunità di immigrati più numerosa dagli anni ’30 fino al secondo dopoguerra), portoghesi per primi, per poi accogliere armeni, turchi, tunisini, congolesi…
In questa multiculturalià (prima) e multietnicità (poi) qualcuno ha sempre visto un pericolo. In molti, tra i quali si conta senza dubbio la direzione artistica del museo dell’immigrazione, vi hanno visto uno dei tratti caratterizzanti della Francia: in fin dei conti, come si legge in uno dei manifesti del museo “Un francese su quattro è il risultato dell’emigrazione”.
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