“E la mia bella casa del XVI secolo non la fotografi? Ah, perché non è in rovina, dunque non ti interessa!” – mi domanda un abitante, senza celare una certa ironia.
In effetti è vero, siamo venuti a Goussainville perché avevamo visto su Repubblica.it una selezione di foto dal reportage di un fotografo della Reuters, Charles Platiau, dove il luogo viene descritto come un villaggio fantasma. Anche se però le cose non stanno esattamente così.
La storia è questa: negli anni ’60, quando cominciarono i lavori di costruzione per l’aeroporto di Roissy-Charles de Gaulle, in mezzo al grande dibattito tra i pro e i contro, il tranquillo paesino agricolo di Goussainville, ad appena una mezz’ora di macchina dal centro di Parigi e a un tiro di schioppo dal nuovo scalo, cominciò a svuotarsi.
Alla lesa tranquillità del piccolo centro di provincia, che si ritrovò suo malgrado esattamente sulla rotta degli aerei in arrivo, con conseguenti fastidiosi rombi di tuono ogni cinque minuti, si aggiunse nel 1974 una tragedia: un velivolo si abbatté su alcune case e sulla scuola (per fortuna chiusa in quel momento) provocando la morte di otto abitanti oltre a quella di diversi membri dell’equipaggio. L’evento convinse la maggior parte delle famiglie ad andarsene, anche perché un decreto obbligò l’aeroporto a comprare le case di chi voleva partire a una cifra mediamente due volte più alta rispetto al prezzo di mercato. Funzionava così: il proprietario proponeva un prezzo, se l’aeroporto accettava non c’era più modo per cambiare idea, bisognava sloggiare. “Una persona si è suicidata perché non è più potuta tornare a casa sua”, ci racconta il goussainvillois che abbiamo incontrato. “Eravamo in 1 000, siamo rimasti in 350”, prosegue. A metà tra il divertito e l’infastidito per i gruppuscoli di parigini che ogni weekend vengono a visitare il suo paesino alla ricerca del famigerato “villaggio fantasma” che in realtà non esiste, lui sembra orgogliosamente attaccato alle sue radici. “E poi, vedete? Il rumore non si sente nemmeno così tanto”.
Ci sono la libreria “Goussainlivres”, l’unico negozio superstite, alcune finestre aperte, i fiori ben curati all’entrata del parco e alcuni ciclisti a farci capire in un colpo d’occhio che Goussainville non è così deserta come ci avevano fatto credere. Certo, resta il fatto che due terzi del paese sono visibilmente caduti in rovina, con tanto di insegne che pubblicizzano ancora vecchie boulangeries e ristoranti ormai inesistenti, che la chiesa cinquecentesca classificata “Monument historique” non è più utilizzata da decenni e che il vecchio castello assomiglia oggi più a un covo di graffittari che a una reggia fastosa. Però la gente ci vive ancora e, in quanto a rumore, vi posso assicurare che il traffico di Place di Clichy, all’inquinamento sonoro di Goussainville, gli fa un baffo.
Foto: Silvia Cher