E’ difficile parlare solo di musica quando si tratta di Liberato. Abbiamo assistito alla quarta data del primo tour europeo, la seconda a Parigi, e per raccontare questo concerto dobbiamo partire da ben prima l’apertura delle porte del Cabaret Sauvage. Complice il terzo scudetto del Napoli, il tragitto è stato più simile a quel clima pre-partita che si respira la domenica recandosi allo stadio che ad un semplice concerto. E così già in metro si cominciavano a vedere le prime maglie azzurre, le sciarpe, e allo stesso modo man mano che a piedi ci si avvicinava allo stadio alla sala, aumentano le persone bardate con i colori sociali partenopei.
Guai però a pensare che questo concerto sia una mera autocelebrazione della napoletanità. Chiacchierando tra la folla si fa presto a capire che il pubblico è più eterogeneo di quello che si sarebbe potuto immaginare. E così, accanto ai più numerosi “azzurri” sono tanti i non-napoletani, tanti francesi e anche spagnoli che hanno riconosciuto nella musica di Liberato qualcosa di affine al proprio gusto musicale.
Infatti, la sua musica è la diretta evoluzione di una tradizione intrisa di quel melting pot culturale che va da James Senese al Neapolitan power, da Nero a metà a Nuova Napoli. Elettronica, reggaeton, RnB, neomelodica, il napoletano ma non solo, il francese, lo spagnolo, l’inglese, lingue di dominazione e liberazione, i Borbone, gli Aragona, gli alleati. Per tutti Napoli è stata in momenti diversi casa. Per molti dei presenti alla seconda serata del Festival Fiore Verde, oggi Parigi è casa. Per tutte queste persone oggi, Napoli e Parigi sono contemporaneamente casa sotto il tendone del Cabaret Sauvage, ed il merito va senza dubbio a chi ha avuto l’intuizione di organizzare questo festival. Perché come scrive Cristiano de Majo, per i napoletani il Vomero non è Napoli, ma varcati i confini regionali, tutto è Napoli. E ci si ritrova in tanti ad identificarsi come gruppo, come una sola entità, come succede appunto allo stadio. Ed è forse proprio questa pluralità la forza di Liberato, della sua musica, e anche dei suoi live.
Nessuno nel pubblico si chiede chi ci sia dietro la maschera, è un dato superfluo, c’è un tutt’uno, artista e pubblico, e distinguere tra chi è sul palco e chi è in platea è praticamente impossibile. Anche perché Liberato canta l’amore, non c’è spazio per altro.
E se il live parte timido, da OI MARÌ in avanti nessuno riesce a smettere di ballare e accompagnare in coro il cantante partenopeo. Liberato pesca da tutto il suo repertorio, da NOVE MAGGIO, brano d’esordio, a WE COME FROM NAPOLI, che fa parte della colonna sonora del film ULTRAS diretto da Francesco Lettieri, regista “ufficiale” del progetto Liberato. Il caldo si fa sentire, ma non lo sembrano patire più di tanto gli artisti incappucciati come da tradizione sotto felpa e maschera che, galvanizzati dalla risposta del pubblico, si scatenano a colpi di synth e tammorra.
Siamo alla fine del concerto e mentre le note di TU T’E SCURDAT’ ‘E ME riempiono le casse, Liberato esplode in un sentito “Uagliù ha detto sì ! Si sposano !” celebrando una proposta di matrimonio sotto palco andata a buon fine. Ė l’ultima canzone, gli artisti ringraziano, e vanno via, ma il pubblico non ha finito di divertirsi, e come in curva a fine partita si trattengono in platea e mentre i tecnici smontano il palco, partono cori da stadio che si protraggono per mezz’ora abbondante fin fuori la sala dove il tramonto è ancora lungo, l’aria è più fresca e il canal de l’Ourcq sembra il lungomare Caracciolo.
Tournamm’a’cas’ [torniamo a casa] è il titolo di questo tour che si concluderà in Piazza Plebiscito a Napoli il prossimo settembre, sono ormai le 22h37, e anche noi possiamo tornare verso casa, o ciò che chiamiamo tale.