La costituzione francese e la libertà di abortire

Del presidente Macron e del suo giovane primo ministro, Gabriel Attal, si può dire quasi tutto, ma non che non abbiano un certo gusto per le simbologie, a volte pure un po’ pacchiane.

Sia chiaro: l’iscrizione dell’Interruzione volontaria di gravidanza in Costituzione, votata lunedì 4 marzo da parlamentari e senatori riuniti in congresso a Versailles, è una buona cosa, punto e basta. Farla votare la settimana dell’8 marzo e per di più invitare i cittadini a celebrarla insieme a Place Vendome a Parigi per la Giornata internazionale dei diritti della donna, come ha fatto Macron sui social, sa veramente tanto di spottone elettorale.

Ma facciamo un passo indietro, e cominciamo dai fatti.

 

La libertà di abortire in Costituzione

Il 4 marzo, la Francia è diventata il primo paese al mondo a includere l’interruzione volontaria di gravidanza nella sua Costituzione. Deputati e senatori riuniti a Versailles hanno approvato con una schiacciante maggioranza (780 favorevoli, 72 contrari, largamente al di sopra della maggioranza dei 3/5 necessaria alle riforme costituzionali) la modifica costituzionale proposta dal governo del presidente Emmanuel Macron.

La riforma ha aggiunto la frase: “La legge determina le condizioni nelle quali si esercita la libertà garantita alle donne di ricorrere all’interruzione volontaria della gravidanza” all’articolo 34 della Costituzione francese. Quest’articolo fa parte del Titolo V della carta fondamentale, e regola i rapporti tra parlamento e governo, definendo uno per uno gli ambiti all’interno dei quali il parlamento si esprime.

Questa riforma costituzionale, ampiamente salutata dalla stampa francese ed estera, è il frutto di un lungo percorso: già nel 2012 Jean-Luc Mélenchon proponeva, nel suo programma elettorale, di inserire la garanzia all’IVG in Costituzione, e nel corso dell’ultimo decennio i partiti di sinistra avevano più volte avanzato delle proposte di riforma costituzionale, che non erano mai state accolte.

Poi, nel 2021 la Polonia fa un enorme passo indietro sui diritti delle donne: entra in vigore la sentenza pronunciata dal Tribunale costituzionale della Polonia che rende impossibile l’aborto in praticamente tutte le circostanze (comprese le gravi malformazioni genetiche del feto). Il dibattito sull’accesso sicuro e garantito all’interruzione di gravidanza si rianima anche nella “progressista” Europa.

Infine, nel 2022 l’impensabile si materializza, con la revoca da parte della Corte Suprema degli Stati Uniti della sentenza del 1973 Roe v. Wade, che tutelava l’accesso all’interruzione di gravidanza a livello federale. In men che non si dica una dozzina di stati americani si affannano a far entrare in vigore leggi che vietano l’aborto… Il che la dice lunga sulle priorità dei Repubblicani.

L’ondata di choc si fa sentire anche in Europa ed è sicuramente il catalizzatore del processo di riforma appena conclusosi. Emmanuel Macron cavalca l’onda e promette, l’8 marzo del 2023, di garantire l’accesso all’aborto iscrivendolo nella Costituzione.

La proposta di riforma, presentata da Mathilde Panot, deputata del partito di sinistra La France Insoumise fa finalmente breccia nel cuore della maggioranza di governo e – anche grazie a numerosi compromessi – finisce per essere votata in modo quasi unanime dall’arco politico francese, con tanto di discorso strappalacrime del primo ministro che attribuisce alla propria maggioranza la riforma “storica” nemmeno l’avesse proposta lui… tanto da non citare Mathilde Panot e la senatrice ecologista Mélanie Vogel che si sono battute per questa riforma alla Camera e al Senato negli ultimi mesi… Effetto Matilda?

 

I puntini sulle i

La quasi totalità della stampa italiana ha titolato a proposito del “Diritto all’aborto” in Costituzione, in realtà si tratta non solo di un’informazione imprecisa – a questo siamo abituati -, ma anche di una scelta semantica molto delicata, alla base di uno dei molti compromessi che hanno reso possibile l’adozione della riforma di cui abbiamo parlato sopra. Il testo iniziale, infatti, proponeva che si introducesse un nuovo articolo, che avrebbe dovuto recitare: “La loi garantit l’effectivité et l’égal accès au droit à l’interruption volontaire de grossesse” ossia “La legge garantisce l’effettività e l’uguale accesso al diritto all’interruzione volontaria di gravidanza”. Inoltre, nella prima bozza di legge si faceva menziona anche dell’accesso alla contraccezione. Questo nuovo articolo avrebbe dovuto essere il 66-2, ed apparire in Costituzioni nel Titolo VIII, dedicato al potere giudiziario, come comma all’articolo che stabilisce l’illegalità delle detenzioni arbitrarie.

Ci vuol poco a rendersi conto della differenza che corre tra il dire che il diritto di abortire deve essere effettivo e uguale per tutte e il dire che abortire è una libertà garantita. Nel primo caso lo Stato si impegna (o meglio, si dovrebbe impegnare) a garantire non solo la possibilità di accedere ad un diritto, ma anche l’effettività e l’uguaglianza di tale accesso. Nel secondo caso garantisce una libertà – sull’esercizio della quale, comunque, il legislatore può (deve) intervenire. Insomma, se da un lato si tratta comunque di una riforma importante, soprattutto per il significato che ha e per l’esempio che può essere anche per altri paesi, si tratta comunque di una formulazione che tutto si è fatto per svuotare della carica più progressista e ridurla a una vaga indicazione di buone intenzioni.

 

Tanto fumo e poco arrosto?

Ma quindi vuol dire che la libertà di abortire in Costituzione è tutta fuffa inutile? Certo che no. Ogni cosa, ogni iniziativa che ci fa avanzare sul riconoscimento dei diritti delle donne è sempre una cosa buona. Prima di tutto questa riforma ha un’importanza simbolica non indifferente, e qualunque persona con un minimo di conoscenza della politica sa che i simboli sono fondamentali. Da un punto di vista internazionale, inoltre, può essere un primo passo verso l’introduzione di un articolo simile nella Carta fondamentale dell’Unione Europea, il che marcherebbe un cambiamento importante per le cittadine di molti paesi europei dove questo diritto è completamente disatteso, come Malta, l’Ungheria o la già citata Polonia.

Questo pero non deve trarci in inganno e farci immaginare Macron come un alleato delle cause femministe, ma piuttosto come un comunicatore opportunista che ha fatto sua una riforma che non gli costa un centesimo… e che nella pratica non cambia assolutamente niente per le donne che vogliono abortire, e che si trovano confrontate a numerosi ostacoli, e a una grande disuguaglianza di accesso secondo la zona geografica di residenza. Senza contare che negli ultimi 15 anni hanno chiuso più di 130 centri che praticavano l’IVG. [Anche se la situazione resta comunque meno catastrofica che in Italia, dove il diritto a poter accedere all’interruzione di gravidanza è scandalosamente disatteso da sempre ndr]

Una mossa abile per ridorare il blasone di un presidente che – dopo aver vinto le elezioni grazie alla promessa di essere l’ultimo bastione all’estrema destra – è ormai accusato, e con lui il suo esecutivo, di portare avanti politiche sempre più affini al Rassemblement National di Marine Le Pen: un esempio su tutti, la Loi Immigration, approvata in Parlamento proprio grazie ai voti dell’estrema destra. Sicurezza, immigrazione… il governo di Gabriel Attal si estremodestrizza e soltanto il tema dei diritti civili (almeno quello!) rimane una vera discriminante tra il partito di governo e quell’estrema destra nei confronti della quale si presentava come l’unica alternativa.

Certo: una buona misura resta buona, anche se fatta per le ragioni sbagliate, e come si suol dire “prendiamo e portiamo a casa!”… ma alla fine, in pratica, che ci abbiamo guadagnato?

Nelle interviste girate a caldo al Trocadero, dove migliaia di persone si erano riunite per vedere ritrasmessa la votazione, molte donne – visibilmente emozionate – esprimevano la gioia di sapere che da ora in poi la possibilità di abortire sarà un diritto garantito per il futuro. Soltanto che, per prima cosa la Costituzione non è una legge divina, e può sempre essere modificata. Seconda di poi: si è già detto che nel nuovo articolo si parla di libertà garantita, ma da esercitare nei limiti imposti dalla legge. Questi limiti potranno essere ristretti, in futuro, perché divenga sempre più difficile accedere a questa libertà, senza che questo risulti anticostituzionale.

Durante il dibattito che ha preceduto questo voto, Mathilde Panot ha citato a più riprese una famosa frase di Simone de Beauvoir a proposito dei diritti delle donne, che dice “non dimenticate mai che sarà sufficiente una crisi politica, economica o religiosa perché i diritti delle donne siano rimessi in discussione. Questi diritti non sono mai acquisiti. Dovrete rimanere vigili per tutta la vita”.

Ecco, penso che questa frase resti d’attualità anche dopo l’inserimento della libertà di ricorrere all’IVG in Costituzione. Certo, è un passo avanti e una vittoria, ma non ci autorizza – e niente ci autorizzerà mai – a considerare che non c’è più bisogno di essere vigilanti, né tantomeno di lottare.

CHI SIAMO

Dal 2013, Italiani a Parigi.

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