La loi «immigration», l’ennesima legge sull’immigrazione in Francia

Al secondo turno delle elezioni presidenziali francesi del 2017, di fronte alla scelta fra Emmanuel Macron e Marine Le Pen, in molti, anche fra i meno convinti dal candidato centrista, avevano chiamato a sbarrare la strada all’estrema destra in nome del tradizionale “fronte repubblicano”, che già quindici anni prima aveva funzionato molto bene per mettere fuori gioco Jean-Marie Le Pen e riconfermare alla presidenza il gollista Jacques Chirac. Nel 2022, al termine di un quinquennio alquanto conflittuale, marcato dal movimento dei gilets jaunes e dagli scioperi contro la riforma delle pensioni, entrambi violentemente repressi, l’argomento del barrage à l’extrême droite ha avuto molti meno adepti. Oggi, all’indomani dell’adozione della cosiddetta «loi immigration» all’Assemblée Nationale, ci si chiede come la maggioranza presidenziale possa ancora considerarsi come un baluardo contro il Rassemblement National.

L’iter legislativo

Voluta dal ministro dell’Interno Gerald Darmanin, la legge “per controllare l’immigrazione, migliorare l’integrazione”, nella sua versione finale, prende in effetti in prestito molte delle idee lepeniste. Bisogna dire che, se il testo iniziale presentato alla camera dal governo prevedeva già delle disposizioni più severe soprattutto in materia di espulsione, conteneva anche qualche misura in favore della regolarizzazione dei lavoratori stranieri impiegati nei settori colpiti da una costante penuria di manodopera, come l’edilizia e la ristorazione.

Discussa al Senato, la legge ne è uscita fortemente inasprita, tanto da prevedere la soppressione dell’AME (Aide Médical d’Etat), un dispositivo che permette anche alle persone in situazione irregolare di beneficiare di una copertura medica. Il testo adottato è allora passato ancora una volta all’Assemblée Nationale, più precisamente alla Commission des lois, che ne ha approvato una versione privata delle parti più dure aggiunte in fase senatoriale.

A questo punto, però, una motion de rejet proposta dagli ecologisti è adottata dal parlamento, grazie ai voti della sinistra, della destra e dell’estrema destra. A questo punto, il governo può scegliere di abbandonare il testo, di proseguire l’iter legislativo rinviando una seconda volta il progetto di legge al Senato oppure di convocare una Commission Mixte Paritaire, composta da deputati e senatori, per trovare un accordo. È quest’ultima l’opzione scelta da Darmanin. I negoziati non durano a lungo e il compromesso finale è costituito da un testo molto simile a quello votato dal Senato. La legge questa volta è approvata dall’Assemblée Nationale, grazie anche ai voti del RN, ma non senza conseguenze per la maggioranza presidenziale. Circa un quarto dei deputati di Renaissance (il partito di governo) si è astenuto o ha votato contro e due ministri hanno presentato le proprie dimissioni, accettate nel caso di Aurélien Rousseau, subito rimpiazzato al ministero della Sanità, e rifiutate nel caso di Sylvie Retailleau, che resta quindi suo malgrado al ministero dell’Istruzione superiore.

Perché questa legge è così controversa?

La versione definitiva della legge è in effetti un testo molto orientato a destra, che fa proprie alcune delle rivendicazioni storiche del partito lepenista, come la cosiddetta “préférence nationale“, un principio che giustifica una distinzione tra cittadini francesi e stranieri nell’erogazione di certi aiuti o sussidi.

Ecco i punti salienti della legge:

  • Regolarizzazione dei sans-papiers

Dell’unico punto vagamente progressista che compariva nella versione iniziale del progetto di legge, ovvero la regolarizzazione dei lavoratori impiegati in determinati settori con carenza di manodopera, non resta quasi nulla. Per poter richiedere un permesso di soggiorno, un lavoratore dovrà dimostrare di essere presente in Francia da almeno tre anni e di aver lavorato almeno 12 mesi (prima 8) sui precedenti 24, di essere integrato e rispettoso dell’ordine pubblico. La decisione sarà a discrezione del prefetto.

  • Sussidi e aiuti

Attualmente fissato a sei mesi, il periodo di presenza in Francia necessario per poter accedere ai sussidi familiari è portato a cinque anni per gli stranieri che non lavorano, e a 30 mesi per gli altri. Tale periodo è fissato sempre a cinque anni per ricevere gli aiuti destinati all’alloggio, tranne per chi lavora, che dovrà aspettare solo tre mesi.

  • Le quote

Il testo di legge prevede che ogni anno il Parlamento si riunisca per discutere di una quota massima di ingressi nel Paese (ad eccezione delle domande di asilo).

  • Acquisizione della cittadinanza francese

Attualmente, chi è nato in Francia da genitori stranieri acquisisce automaticamente la cittadinanza francese al compimento dei 18 anni. La legge prevede ora che la persona ne faccia espressamente richiesta tra i 16 e i 18 anni.

  • Reato di soggiorno irregolare

Ormai, il solo fatto di essere presente su suolo francese senza un regolare permesso di soggiorno costituisce un reato, punibile con una multa di 3750 euro e tre anni di divieto di ingresso sul territorio nazionale.

  • Il ricongiungimento familiare

Completamente assenti nella versione originale del testo, sono state adottate alcune misure che rendono più complessi i ricongiungimenti familiari. Il richiedente dovrà dimostrare di essere in Francia da almeno 24 mesi (contro gli attuali 18), di avere una situazione economica stabile e un’assicurazione sanitaria che copra i bisogni di tutta la famiglia. Inoltre, i familiari del richiedente devono provare di possedere almeno un livello elementare di francese.

  • Gli studenti stranieri

Gli studenti stranieri, che nei mesi scorsi si erano già visti aumentare il costo delle rette universitarie, dovranno ormai lasciare una cauzione per poter richiedere un visto e dimostrare annualmente la propria serietà negli studi.

  • La salute

Cavallo di battaglia dei Républicains, la soppressione dell’Aide Médical d’Etat è stata abbandonata nella versione finale della legge, ma in cambio della promessa di una successiva modifica ad hoc a partire da gennaio.

Per ammissione stessa del presidente della Repubblica e della prima ministra Elisabeth Borne, alcune delle misure adottate sono contrarie alla Costituzione. Il testo quindi è stato affidato dal governo stesso al Conseil constitutionnel per, si spera, limarne le parti più controverse.

Nel seguire il dibattito politico degli ultimi giorni e, al di là della desolazione nel veder passare delle misure xenofobe in un Paese che, tra l’altro, si rivendica come difensore dei diritti dell’uomo e il cui motto è “Liberté, égalité, fraternité“, ci chiediamo se davvero, come dicono alcuni, questa legge fosse così attesa dai francesi. Macron lo ha ripetuto più volte: “Questa legge è lo scudo che ci mancava”, il ministro dell’Economia Bruno Le Maire lo ha ribadito ancora un paio di giorni fa: “Un testo […] per proteggere i francesi”, ma l’impressione, quaggiù, è che l’immigrazione, concepita come un problema o una minaccia, sia una questione che ossessiona più il potere che la gente comune, le cui preoccupazioni sono ben altre. Lo dimostra un sondaggio Ipsos di ottobre 2023, secondo il quale le principali inquietudini personali dei cittadini d’oltralpe sono, udite udite, il potere d’acquisto, la salute, l’ambiente e le disuguaglianze. Insomma, la verità è che questa legge non cambierà la vita a nessuno, se non quella già dura degli stranieri in questo paese.

 

Foto di Katie Moum su Unsplash.

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