«Loi Sécurité globale», un articolo fa discutere

Venerdì 20 novembre il parlamento francese ha approvato l’articolo n. 24 della proposta di legge sulla «Sécurité globale», che, a grandi linee, allarga il ruolo e le prerogative della polizia e della sicurezza privata.

Il dibattito intorno a questo articolo è durato diverse ore all’Assemblée nationale e da varie settimane sta mobilizzando la società civile che, da varie parti, è allarmata per la grave minaccia che incombe sulla libertà di stampa e sulla libertà d’espressione.

Che cosa dice l’articolo 24 della proposta di legge sulla «Securité globale»?

È in particolare il comma n. 2 dell’articolo a rivelarsi problematico:

«Art. 35 quinquies. – Est puni d’un an d’emprisonnement et de 45 000 euros d’amende le fait de diffuser, par quelque moyen que ce soit et quel qu’en soit le support, dans le but qu’il soit manifestement porté atteinte à son intégrité physique ou psychique, l’image du visage ou tout autre élément d’identification d’un fonctionnaire de la police nationale ou d’un militaire de la gendarmerie nationale lorsqu’il agit dans le cadre d’une opération de police.»

Ovvero: sarà punito con un anno di prigione e 45.000 euro di multa chiunque diffonda l’immagine del volto o di un altro elemento identificativo di un poliziotto o di un gendarme nel quadro di un’operazione di polizia, con l’obiettivo manifesto di nuocere alla sua integrità fisica o psichica.

Perché fa discutere?

Il governo – e in particolare il ministro dell’Interno Gerard Darmanin che ha difeso il testo all’Assemblée nationale – ne evoca l’importanza al fine di «proteggere coloro che ci proteggono» da eventuali linciaggi on line e assicura che la libertà di espressione e di stampa non sono in alcun modo messe in discussione.

La Ligue des Droits de l’Homme, molti sindacati di giornalisti, diversi Gilets Jaunes, tutta la sinistra, ma non solo, hanno espresso seri dubbi a riguardo perché, di fatto, se la legge passasse, chiunque sia sorpreso a filmare o fotografare le forze dell’ordine nel quadro della loro professione potrebbe essere accusato di farlo con l’intenzione di nuocere alla loro integrità fisica o psichica. Molti organi di stampa e anche molti media militanti propongono ormai delle dirette video per documentare eventi o manifestazioni. Come dimostrare che non lo stanno facendo con l’obiettivo manifesto di attentare all’integrità dei CRS? Inoltre, qualsiasi giornalista, fotografo o cittadino che stia filmando o fotografando l’operato della polizia potrebbe essere accusato di farlo con un’intenzione malevola. L’intenzionalità è infatti un concetto alquanto vago che si presta a una pericolosa arbitrarietà di giudizio, così come l’integrità psichica.

Quanto alla supposta necessità di proteggere le forze dell’ordine, secondo Arié Alimi, avvocato e membro della Ligue des Droits de l’Homme, il codice penale e la legge del 1881 garantiscono già la loro sicurezza e puniscono coloro che la minacciano. Definiscono, infatti, «tre delitti puniti fino a 3 anni di prigione: quello di cyberbullismo, quello di provocazione alla commissione di un crimine o di un delitto e quello di minaccia di morte. L’arsenale giuridico per proteggere i poliziotti esiste già», assicura Alimi.

Insomma, se la legge passasse, vista la minaccia della pena severa in cui potrebbero incorrere, giornalisti e cittadini potrebbero decidere di autocensurarsi evitando di filmare, fotografare e pubblicare video e foto. In questo modo, immagini come quelle che hanno permesso di documentare la morte di Cédric Chouviat per mano della polizia, le violenze subite dai manifestanti durante il movimento dei Gilets Jaunes e, in generale, tutte le foto e i video che in questi anni hanno consentito di portare a galla e di denunciare un numero esorbitante di violences policières potrebbero in futuro non esistere più, lasciando impuniti crimini e abusi. Per esempio, se la morte di George Floyd fosse avvenuta nella Francia post-«Loi Sécurité globale», la persona che ha filmato la scena sarebbe potuta finire davanti a un giudice rischiando un anno di prigione e decine di migliaia di euro di multa, il poliziotto che ha lo ucciso sarebbe stato protetto dalla legge e noi forse non avremmo mai saputo che cosa è realmente successo.

Grave, no?

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Dal 2013, Italiani a Parigi.

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