Qualche giorno fa mi son fermata, a metà pomeriggio, a far merenda in una gelateria (ché, per quanto mi riguarda, il gelato è qualcosa che si mangia tutto l’anno): me ne stavo seduta a un tavolino con la mia coppetta pistacchio e nocciola quando una signora bene, modello perfetta padrona di casa Rive Gauche, entra nel locale e inizia a parlare con la commessa. Stasera la signora ha ospiti a cena, e dopo le Saint-Jacques e il salmone affumicato vuole servir loro una bella coppa di gelato.
La commessa la serve molto velocemente, ma al momento del passaggio in cassa la signora, fino a quel momento pretenziosa e arrogante, si fa assalire dai dubbi e inizia a tempestare la povera gelataia con una serie di domande:
“Scusi, signorina, una domanda: ma nel gelato al cioccolato c’è il latte?”
“Bah, sì signora”
“Ah, va bene. Ma senta, io adesso lo posso lasciare fuori dal frigo, giusto?”
“Scusi?”
“Voglio dire, pensavo di servirlo dopo cena, posso lasciarlo fuori dal frigo, giusto?” [n.d.r. Erano al più tardi le 5 del pomeriggio]
“Ma no signora, lo metta in frigo e lo tira fuori una decina di minuti prima di servirlo…”
“Ah, d’accordo, grazie. Ma poi lo posso demouler?” [sformare, togliere da uno stampo]
“…”
“Voglio dire, lo lascio un po’ fuori dal frigo e poi lo posso demouler? Ou je le coupe directement dans le bac?”
A quel punto ero completamente rapita da questa conversazione surreale. Ma cosa minchia stai dicendo? Le volevo chiedere. Ma davvero? Ma siamo seri? Cioè una donna di mezza età, buona borghesia, baguettes della boulangerie più cara del sesto sotto il braccio e nemmeno sai come si mangia il gelato?
È stato in quel preciso istante che ho capito che a Parigi siamo circondati da barbari. Che se la tizia di cui sopra pensa che il gelato vada tagliato allora dobbiamo ripartire dai fondamentali e diffondere il verbo del buon gelato come si deve. Prima tappa: trovare un buon gelato a Parigi.
Ecco sei nomi da tenere a mente: vi salveranno dal varcare la soglia di un orribile Amorino la prossima volta che verrete assaliti dalla voglia di un cono cioccolato e nocciola.
La gelateria branchée del Marais. Aperta da Emmanuel Ryon (diplomato Meilleur Ouvrier de France Glacier) e Olivier Ménard è diventata rapidamente un must del quartiere e ha colonizzato anche Montmartre con un secondo punto vendita. Un negozio che sembra una gioielleria, e prezzi quantomeno esosi. Il gelato, per essere buono, è buono. Gusti esotici, ottime materie prime e compagnia bella. Ma il prezzo non è dei più popolari. Oltre al gelato, buonissima anche la pasticceria.
Per esser caro, anche Glaces Glazed è bello caro. E in più ha quella patina fastidiosa del food concept, di quella gente che per venderti una svizzera dentro un panino devono scomodare New York e l’american dream, e che aprono locali gastronomici degni di un monomaniaco (pasticcerie dove si vendono solo macaron, solo cupcake, solo cookies…). Insomma, figli miei, state vendendo un gelato, non c’è bisogno che lo facciate con quell’aria da creatori di start-up. Ciononostante, va ammesso che i loro gusti sono veramente originali e, spesso, buoni. Non sperate di uscirne con un cioccolato e nocciola, ma se vi va avventurarvi tra gusti dai nomi alquanto bizzarri (Smoke on the water, Mojito de Tokyo o Pussy griotte) potreste finire per scoprire che il gelato alla barbabietola non è poi male. Tre punti vendita in città, di cui uno – praticissimo per gli abitanti del nord parigino – in rue des Martires.
Quest’indirizzo l’ho scoperto una domenica di Pasqua in cui, disperata, cercavo qualcosa da portare a pranzo da un’amica che abitain zona Daumesnil – zona a me, essenzialmente, sconosciuta. Ve la faccio breve: Raimo è la cosa più simile al bar-pasticceria-quello-buono che potrete trovare a Parigi. Quei posti un po’ demodé dove la domenica si incontrano i nonni con i nipotini vestiti a festa: tavolini lucidati e specchi dietro il bancone. Niente gusti stravaganti, ma una nocciola fatta con le nocciole, un pistacchio fatto con i pistacchi e così via. Che, detto tra noi, non è poco.
Vabbé, questo lo conoscete tutti, ma oggettivamente è uno dei migliori posti a Parigi per mangiare un vero gelato all’italiana. Pochi gusti ma buoni, ingredienti freschi, gelato preparato artigianalmente giorno per giorno e conservato nei “pozzetti” accanto alla vetrina. I gusti tradizionali (gianduia e pistacchio, secondo chi scrive) sono i migliori. Anche qui il piacere si paga (e non poco): a meno che fuori non stia imperversando una tempesta di neve non vi conviene consumare all’interno perché tra il prezzo sur place e il prezzo à emporter la differenza c’è e non è da poco. Affollato nel finesettimana.
Allora, qui siamo lontani anni luce dal classico cono cioccolato e pistacchio. In questo caffé/gelateri/pasticceria si mescolano la più pura tradizione italiana euna fantasia senza limiti che da origine a dei gusti decisamente fuori di testa. Il locale, di proprietà del mitico Terence Hill (Mario Girotti all’anagrafe) è un omaggio alla carriera cinematografica dell’attore, stella del genere spaghetti western!
Certo, si tratta di una catena e non di una simpatica bottega artigianale, certo, il brand torinese è ormai proprietà del colosso multinazionale Unilever; nondimeno i (tre a Parigi!) punti vendita Grom restano un buon posto per mangiare un gelato a Parigi. Nonché un luogo in cui qualunque esigenza alimentare può trovare soddisfazione. Le gelaterie GROM, infatti, espongono una pratica tabella nella quale i clienti possono trovare il proprio gusto ideale, che siano intolleranti al lattosio, alla frutta secca, alla soia o che seguano un’alimentazione vegana. Per i celiaci, infine nessun problema: tutti i gelati in vendita da Grom sono privi di glutine.
Foto di copertina Lama Roscu su Unsplash