Asinamali, la nuova casa editrice italoparigina

Qualunque buon giornalista sa che quando si fa un’intervista si devono prendere appunti, altrimenti una volta che si siederà di fronte alla propria tastiera per cercare di tirare le somme della conversazione avuta la memoria farà irrimediabilmente cilecca e si troverà a dubitare di tutto quello che si deve scrivere.

Luigi Balice, però, si sente a disagio quando prendo appunti mentre parliamo, seduti ad un tavolino fuori dal Tape, davanti a una birra e a un bicchiere di vino rosso, che verranno rinnovati con la giusta frequenza. Fatto sta che, dopo una chiacchierata di un paio d’ore, mi trovo con una pagina quasi vuota, qualche ghirigoro a penna e tre parole cerchiate più e più volte: incoscienza, passione, compromesso.

Non mi resta che partire da qui. Lanciarsi nella creazione di una casa editrice in un momento in cui chiunque sa che l’editoria è in crisi, per esempio, è un chiaro scegno di incoscienza. Eppure è quello che ha scelto di fare Luigi, qualche mese fa. Non tanto per farne il proprio mestiere, su questo è abbastanza sicuro, ma per dare sfogo a una passione, per avere la possibilità di condivedere testi, opere che – secondo lui – valgono la pena di essere conosciute.

È nata così la casa editrice Asinamali, parigina e italiana allo stesso tempo, come il suo giovane fondatore, nato a Bari una trentina d’anni fa ma ormai stabilmente residente a Parigi: ecco spiegata la vocazione del progetto Asinamali di pubblicare opere italiane di poeti e scrittori contemporanei in lingua francese. Asinamali è un’espressione in zulu che significa “non abbiamo soldi” divenuta parola chiave della protesta dei cittadini neri in Sud Africa alla fine degli anni ’50; un nome che rimanda all’importanza della parola, che a seconda degli usi che se ne fanno si carica di significati.

infilare-una-mano-mangone-asinamali-2015L’opera prima di questa casa editrice, disponibile in italiano da qualche mese e finalmente uscita anche in francese è una selezione di prose di Carmine Mangone, pubblicate sotto il titolo di Infilare una mano tra le gambe del destino. L’opera, che si compone di “prose poetiche” scelte ed ordinate da Luigi stesso, è incredibilmente coerente pur nel suo essere frammentaria. L’opera si apre con una sorta di (anti)manifesto poetico, nel quale Mangone rivendica per la poesia un posto (l’unico ancora disponibile) al di fuori del piatto mondo della produzione e del consumo. Poesia che eccede, che non si lascia inquadrare dai concetti di utilità e produttività. Dopodiché inizia l’orgia della prosa fluida di Mangone, che partendo da una furiosa – ma non disperata, anzi vivificante – pretesa di corporeità ridisegna una mappa del vissuto che è sempre qui ed ora, pure quando apre degli squarci sull’avvenire. L’unica verità palese è il corpo delle vite che tocchiamo. Tutto il resto è solo un insieme di cose inanimate e idee da verificare. Questa riappropriazione del corpo – ultimo spazio di libertà sottratto al potere, centrale alla conoscenza del mondo come in Merleau-Ponty – è la premessa alla microinsurrezione del singolo: non rivolta nichilistica, tesa a riaffermare un individualismo essenzialmente borghese, ma segno irriducibile dell’ingovernabiità di fondo non soltanto dell’uomo ma di ogni comunità umana.

Dal corpo alla rivolta, dalla rivolta all’anarchia, passando attraverso il sesso, l’amore, la tenerezza e la poesia.

Parliamo di tutto questo con Luigi, mentre le sigarette si consumano nel posacenere. La letteratura (mi parla del suo interesse per i surrealisti francesi), la poesia (collabora con la rivista letteraria L’irrequieto), l’attuale interesse per la Filosofia (la scuola di Francoforte, Walter Benjamin…). Alla fine si fa buio ed è il momento di andare.

Ma allora perché ho scritto compromesso sul mio taccuino? Due risposte possibili. Forse Luigi Balice mi ha parlato di un compromesso da fare tra la propria passione e il fatto di dover – in qualche maniera – vivere. O forse – al contrario – me ne ha parlato quando mi ha parlato delle opere che intende pubblicare, dicendomi che non intendeva accettare compromessi, ma scegliere solo quello che realmente vuole condividere con i lettori.

Anche se credo di sapere quale è la risposta giusta tra le due, preferisco tenermi il dubbio. In fin dei conti, come scrive Mangone nel capitolo La conquista della tenerezza: “Sono le insufficienze dell’opera a lasciare la porta socchiusa”, allo stesso modo il dubbio ci permette di lasciare socchiusa la porta della conoscenza degli altri.

Carmine Mangone, Infilare una mano tra le gambe del destino, casa editrice Asinamali 10 € disponibile nelle librerie italiane di Parigi e nella versione francese Glisser une main entre les jambes du destin presso una ventina di librerie della città.

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